domenica 17 febbraio 2013

One Billion Rising: the day after

da Michela Murgia condivido perché le sue parole sono anche le mie, e sono certa che le "sente" sue pure ogni altra persona che ha partecipato a "spezzare le catene"...

One Billion Rising è una di quelle tipiche manifestazioni che fanno molto parlare di sè solo quando sono già successe.

Pensa che la Littizzetto all'Ariston ha ballato anche lei, mi hanno detto via sms le amiche che in piazza a Oristano non c'erano volute venire perchè "a quell'ora c'è Sanremo".

Pensa che a Sassari c'era pure Michelle Hunziker, mi ha detto un amico a cui evidentemente le donne comuni non bastavano per stupirsi.


Quando lo rifate? mi ha chiesto poi con sincera ingenuità, quasi che la bellezza di quello che abbiamo vissuto ieri in piazza Eleonora a Oristano fosse uno spettacolo televisivo passibile di replica.


Come gliela spieghiamo a queste persone la consistenza del silenzio di duecento donne e uomini davanti alle immagini mostrate da Lorella Zanardo nella sala del consiglio comunale?

Come gliela racconto la potenza dell'emozione sul volto di Luisanna Porcu mentre spiegava alle donne presenti come funziona una relazione violenta, passo dopo passo, colpo per colpo?

E' davvero possibile che qualcuna di noi possa riportare il conforto che abbiamo provato mentre la giovane attrice in abiti medievali leggeva nella Carta de Logu le parole con cui Eleonora nel 1392 metteva nero su bianco il rispetto per le donne?

L'unica cosa che possiamo restituire a chi non c'era sono i video della danza Break the Chain, e per quanto piacevole risulti da guardare nella sua sincronia, significa qualcosa solo per chi le ha dato senso con il proprio corpo.


E ora cosa cambia?

Che differenza può fare una coreografia, per quanto ben eseguita?


Me lo hanno chiesto in molti ieri dopo la manifestazione e non credo sia un caso che a porre la domanda fossero tutti uomini. Suppongo che avrebbero voluto sentirsi dire qualcosa come "non cambia nulla se non cambiate voi maschi", ma questa cosa io non gliel'ho detta, perché non la penso.




Il messaggio più evidente del V Day è quello di averci costrette a dire con il nostro stesso corpo che il cambiamento viene da noi, dalle donne, dalle scelte che facciamo, dal valore che decidiamo di darci e dal modo in cui scegliamo di agire dentro ai nostri contesti. 

La prospettiva che il comportamento maschile cambi dipende anche da quanto noi siamo disposte a pretendere che cambi; da quanto siamo capaci di affermare che il nostro corpo non può essere deriso, offeso o considerato proprietà disponibile, nemmeno all'allusione, nemmeno in nome dell'amore.


Le leggi contro la violenza sono necessarie e le pene devono essere severissime, ma nessuna legge può fermare la mano che vuole colpirci e nessuna pena può impedire a chi vuol farci del male di trovare il modo per realizzarlo: l'unica cosa che può farlo è la nostra capacità di creare le condizioni perché dire basta diventi più semplice culturalmente e più sostenuto e protetto istituzionalmente.


La danza, il modo più immediato e universale per dire che lo spirito che anima un corpo non può essere imprigionato né violato, per quattro minuti è stata capace di fare quello che noi non avremmo nemmeno saputo spiegare. Chi non voleva capire non ha capito comunque, ma noi non lo abbiamo fatto per loro: lo abbiamo fatto per noi stesse, per vederci ballare insieme fianco a fianco e dirci a vicenda con il corpo, il ritmo e il sorriso che nessuna è sola davanti alla violenza, che tutte siamo pronte a dire "basta!" con lei. E qualche volta, se sarà necessario, lo faremo per lei.

Lucrezia, 7 anni, se ne è andata da quella piazza dopo aver ballato con sua madre accanto; non importa se non ha capito tutto: quello che ha visto oggi se lo ricorderà. 
Francesca ha 16 anni e non voleva venire, impaurita dall'idea di essere la sola giovane donna presente: invece ne ha trovate decine ed è andata via più forte. 
Elena si è portata dietro la sua piccola Annica, Giovanna è venuta incinta con il marito, Cristina invece il compagno lo ha lasciato a Cagliari perché "lui stava male, ma io dovevo esserci". 
C'erano Lucia e Marta, che stanno insieme e vogliono smettere di avere paura di dimostrarlo per timore che qualche maschio pensi che hanno bisogno di una lezione. 
C'era Pigi con sua figlia sulle spalle a cavalluccio, perché vedesse bene ogni movimento della danza di sua madre. 
C'era Federica, lei che per dire basta non ha aspettato il One Billion Rising, ma c'erano anche Betta e Giovanna, che incontrano tutti i giorni gli occhi delle donne che il coraggio di dire basta non l'hanno ancora trovato del tutto. 
Noi c'eravamo anche per loro e la nostra vigilanza non è finita con l'ultima nota di Break the Chain.


Un ballo non cambia niente. Siamo noi che cambiamo e cambiamo anche ballando.
Grazie a chi ha pensato che ieri fosse importante venire a dirlo.

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