domenica 7 ottobre 2012

Inizio della Cultura della Vita in Bolivia

Il Presidente boliviano
Evo Morales
e il Ministro degli Esteri
David Choquehuanca

Il Ministro degli Esteri boliviano David Choquehuanca ha reiterato che il prossimo 21 di dicembre, data nella quale si prevedono fenomeni astrologici, sarà la fine degli alimenti e bibite artificiali per dare il passo agli alimenti e bibite naturali: “Sarà la nascita di una vita migliore”.



L’autorità ha spiegato che in questa data, secondo informazioni scientifiche, si avrà un allineamento dei pianeti che porterà cambiamenti per l’umanità. Il Ministro ha parlato ampiamente del tema durante l’incontro “Rotta al 21 dicembre per il risveglio della coscienza” che si è tenuto nella sede della Cancelleria: “…cosicché quando io ho detto che deve essere la fine della Coca Cola e l’inizio del Willkaparu e del Mocochinchi, sto dicendo proprio questo: che deve essere la fine dell’alimentazione e delle bevande sofisticate e l’inizio delle bevande naturali e dell’alimentazione più naturale”, ha ripetuto Choquehuanca.

Le giustificazioni arrivano a circa due mesi dalle precedenti affermazioni del Ministro degli Esteri che, nella località di Copacabana, aveva annunciato l’espulsione della Coca Cola dalla Bolivia in concomitanza con il solstizio d’estate dell’emisfero australe, il 21 dicembre, e con l’inizio delle festività per l’occasione proclamate presso la Isla del Sol, luogo sacro alla cultura pre-ispanica sul lago Titicaca, dove si raduneranno i rappresentanti dei popoli indigeni.

Il Ministro aveva dichiarato: “Il 21 dicembre 2012, in tutto il territorio della Bolivia, daremo inizio, in concomitanza con il Calendario Maya, alle celebrazioni nazionali per la fine dell’era del capitalismo e l’inizio della Cultura della Vita. Il 21 dicembre 2012 sarà l’inizio della fine dell’egoismo e l’inizio della fine della divisione. In tale occasione verrà applicata la nuova legge in materia sanitaria che segna anche la fine della presenza della Coca Cola, di cui verrà vietata la produzione, la distribuzione e la vendita. E’ anche la data dell’inizio del Mocochinchi (Bevanda tradizionale locale al gusto di pesca e frutti tropicali). Tutto ciò avverrà per amore di Pachamama, la nostra Madre Terra che tutti noi rispettiamo”, aveva poi aggiunto: “I pianeti si allineano dopo 26.000 anni. È la fine del capitalismo e l’inizio del comunitarismo¨.

Evo Morales, presidente della Bolivia, aveva aggiunto: “in data 21 dicembre, rispetteremo la formalità del Calendario Maya dichiarando conclusa per sempre la società capitalista del profitto e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, e chiamo quindi a raduno tutte le popolazioni indigene in Sudamerica, i loro discendenti e simpatizzanti, per celebrare in spiaggia nella Isla del Sol la prima “Riunione Mondiale degli Indigeni” per cominciare ad organizzare i progetti relativi a una nuova interpretazione della società e delle relazioni tra persone”.

Le esternazioni del Ministro degli Esteri si aggiungono agli attacchi precedentemente sferrati dal congiunto del governo di Evo Morales contro i simboli del capitalismo globale ed in particolare contro la Coca Cola. L’azienda di Atlanta ed il suo prodotto sono vittime di uno speciale accanimento da parte del governo che però pare essere giustificato dai comportamenti tenuti in tema di: diritti sindacali, condizioni di lavoro, processi e ritmi di lavoro insostenibili per i lavoratori e l’ambiente, condizionamenti politici e, non ultima, diffusione di abitudini di alimentazione ormai globalmente ritenute sbagliate.
Proprio in Sudamerica il sindacato Sinaltrainal denuncia casi di sequestro, torture, minacce e soprattutto la morte di undici tra lavoratori e leader sindacali per le quali è ritenuta responsabile la Coca Cola Company spalleggiata dagli squadroni della morte paramilitari. Nelle parole di Choquehuanca è velata inoltre l’intenzione di preservare la coltivazione di foglie di coca dallo sfruttamento delle aziende straniere che secondo il governo, smentito però dalle aziende interessate, farebbero sempre più largo consumo di derivati della foglia di coca per i loro prodotti, uno tra tutti appunto la Coca Cola.

Nel gennaio del 2008, in occasione del referendum per approvare la nuova costituzione voluta da Morales (passato con larghissima maggioranza e dove la foglia di coca viene definita “patrimonio culturale della Bolivia e fattore di coesione sociale”), il presidente aveva dichiarato che era arrivato il momento di porre fine all’immonda piaga della presenza della criminalità organizzata per contrabbandare la cocaina nel mondo, e che i coltivatori boliviani hanno il diritto di essere legittimi proprietari: delle proprie terre, delle proprie piante e derivati e del proprio lavoro giustamente pagato. Va ricordato che la produzione di foglie di coca, secondo Forbes, rappresenta il 2% del PIL del paese, approssimativamente 270 milioni di dollari, ovvero, il 14% delle vendite agricole.

In seguito al referendum sono state denunciate ed espulse dal paese, circa 1500 società finanziarie (al 55% statunitensi, al 30% italiane e al 15% misto olandesi-belgi) che in realtà si occupavano di gestire gli ingenti profitti derivanti dalla produzione, distribuzione e vendita delle foglie di coca. La gestione delle piantagioni è passata sotto controllo statale che le affida ai contadini locali, ed è stata vietata agli stranieri la coltivazione della foglia di coca.

Durante gli ultimi quattro anni, Evo Morales, avvalendosi di consulenti ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha protestato contro “lo strabordante investimento di multinazionali delle bibite che vengono in Bolivia e si prendono le foglie di coca per fare le loro bibite da vendere soprattutto in Usa e in Europa occidentale, senza però dire al consumatore che stanno bevendo succo di coca”. La Coca Cola, va da sé, ha protestato con vigore, sostenendo che Evo Morales dichiara il falso.


Coca Cola contro Mocochinchi
In passato, il Presidente arrivò a chiedere formalmente alla Coca Cola che dimostrasse “scientificamente” e “oggettivamente” che non c’erano foglie di coca nella bibita e chiese che l’azienda presentasse la ricetta ad un comitato scientifico dell’Onu, i cui nomi dovevano essere selezionati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Coca Cola si rifiutò sostenendo che la ricetta fosse ancora segreta e che la libertà di commercio garantiva loro il diritto di produrre le bibite.
“Il contenuto della Coca Cola ha sostanze che pregiudicano la salute e che potrebbero provocare attacchi cardiaci e tumori. Si tratta di una decisione di salute ma anche di cultura”. Da lì il ritorno a bevande e alimenti naturali quali: dal febbraio 2012 la Coca Colla, bevanda annunciata come il soft-drink che diventerà il più venduto in Bolivia, ottenuta dalle foglie di coca e volutamente scura e con etichetta rossa come il prodotto quasi omonimo; la Inka Cola prodotta in Perù con le stesse caratteristiche e già venduta in Sudamerica e in California nonostante le proteste della Coca Cola; e le bevande naturali e indigene come il Mocochinchi a base di pesca e il Willkaparu a base di mais.
Le poco decise smentite da parte dell’azienda arrivate all’indomani delle dichiarazioni di Choquehuanca hanno sottolineato la decontestualizzazione delle parole del ministro da parte dei media e l’amplificazione del messaggio che in definitiva intendeva solo annunciare la direzione che la Bolivia intende prendere verso la sensibilizzazione della popolazione in tema di salute. A tutt’oggi, infatti, non esistono atti ufficiali che avvalorino le affermazioni di due mesi fa che a questo punto appaiono essere state più un atto simbolico e propagandistico piuttosto che una dichiarazione di intenti.

Nonostante questo bisogna sottolineare che se anche fosse stata una decontestualizzazione non si può fare a meno di notare il substrato di repulsione che il paese prova: per lo stile di vita occidentale e globalizzato, e per i modi a dir poco arroganti di insinuarsi nei territori da parte delle multinazionali. Questo e la determinazione di un popolo nel restare attaccato alle proprie origini spiegano i fatti sopra descritti nonché quello di cui è protagonista un’altra multinazionale americana, la McDonald’s, che dopo 14 anni di tentativi per ingraziarsi il gusto degli abitanti delle più grandi città boliviane ha volontariamente deciso di abbandonare il paese a causa dei propri pessimi risultati economici.
McDonald’s chiude i suoi ristoranti in Bolivia
Di fronte a questa disfatta commerciale senza precedenti i creativi e gli addetti al Marketing nonché i vertici dell’azienda hanno affermato “Non siamo riusciti ad imporre il nostro marchio tra le abitudini alimentari del popolo boliviano”, affermazioni che, insieme al documentario fatto per l’occasione “Why did McDonald’s Bolivia go Bankrupt”, hanno come obiettivo primario, secondo alcuni, quello di mascherare il boicottaggio di cui sembra esser stata vittima l’azienda e capace il popolo boliviano, per loro l’Apocalisse annunciata per il 21 dicembre non sarà altro che il passaggio ad una civiltà migliore e ad una nuova epoca dell’oro, per dirla con le parole di David Choquehuanca “ la fine dell’era del capitalismo e l’inizio della Cultura della Vita”.


*Questa pubblicazione fa riferimento e cita alcuni passaggi dell’articolo di Sergio Di Cori Modigliani pubblicato nel suo blog a questo link.

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